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Con quello che non sai di me potrei riempirci il Grand Canyon.

11/10/09

ci rialziamo solo per ricadere nelle banalità e nel loro viscidume

vuoi starmi ad ascoltare?
un giorno stavo scavando una fossa, perchè scavavo non lo so, so solo che il terriccio era fresco e umido, pareva neve. Era una fossa al centro di qualcosa, non so dirti esattamente cosa, ma probabilmente un giardino, o una strada, o un campo, o scegli tu.
Mentre scavavo, i muscoli delle braccia si gonfiavano e si addolcivano nei lineamenti, trasudavo metallo quasi e la pala era così fedele ai miei movimenti che le lacrime lottavano impazientemente per uscire dagli occhi e conoscere il freddo dell'aria. non sapevano che avrebbe potuto tagliarle.
forse volevo piantare un fico, o un albero di mele, o una palma, o scegli tu.
ma l'azione in se era troppo al di la di tutto per poter dire con precisione cosa stavo per piantarci. la cosa più meccanica del mondo: affonda la pala, estrai il terriccio, respira.
una situazione così banale che ad un certo punto decisi cosa impiantarci. la testa. la mia testa, cosi com'era, dritta diretta nella fossa, senza stop o semafori, e in un secondo la neve di terra si insediava nelle narici del mio naso, nella mia bocca, dentro agli occhi, in mezzo ai capelli, amara come il veleno, nera e con un odore così pungente che ti arrivava fino allo stomaco. dentro a pieno. senza quell'aria, senza quella luce,senza quel profumo: la mia nuova casa alla fine del mondo.

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